Siamo giunti al termine di un anno scolastico complesso, vissuto in generale dal mondo della scuola, studenti, insegnanti e famiglie, con una grande fatica. Nonostante la campanella abbia continuato a suonare sempre, perché la scuola non si è mai fermata, la navigazione in questo anno è stata molto difficile. A pesare, oltre l’emergenza della pandemia, anche la mancanza quasi assoluta di riferimenti temporali e normativi certi.
Per chi suona la campana?
di Riccardo Bianchi
Le modalità di quello che abbiamo imparato a chiamare “didattica integrata” sono state da una parte un’opportunità per aprire un dibattito su come si può fare scuola. Nel contempo però, questa situazione di didattica digitale a distanza, ha sicuramente allargato il divario già esistente nella scuola.
Quale impatto della pandemia sugli apprendimenti?
Il grado disomogeneo di alfabetizzazione digitale in partenza ha fatto si che, in generale, l’impatto negativo di questo periodo sia stato maggiore sulle fasce più deboli. Questo dato varia molto a seconda del territorio, del grado scolastico e del contesto socio-familiare, ma è comunque significativo. Questo è quanto emerge in molti studi, soprattutto internazionali (ma non abbiamo ragione di ritenere che da noi sia andata diversamente), che hanno stimato l’effetto di quest’ultimo anno sugli apprendimenti: il cosiddetto “learning loss“.
“Learning loss e perdita di capitale umano.”
Un piano triennale per uscire dall’emergenza
Un secondo articolo su Agenda Digitale “Scuola, un piano triennale per uscire dall’emergenza: la proposta”, richiama l’esigenza di un piano articolato a medio-lungo termine, che sappia mettere insieme diverse componenti con una visione unitaria. Non solo “digitale” si legge nell’articolo, ma formazione, centralità del patto educativo scuola-famiglia e valorizzazione delle risorse del territorio. Senza una visione articolata, la scuola difficilmente riuscirà a rispondere alle sfide complesse di questo tempo e a recuperare quanto è stato lasciato sul campo in questo ultimo anno. Non si tratta qui di contrapporre, come spesso e sterilmente si è fatto presenza-DaD, ma di rimettere al centro il dibattito su una visione di scuola come comunità educante. Visione appunto: il che richiede un approccio progettuale nel tempo.
Misurare l’efficacia di quanto viene messo in campo
Un ultimo articolo, potrebbe passare inosservato a chi non è “addetto ai lavori”. Si tratta dell’annuncio della disponibilità delle misurazioni Invalsi in Italia nel formato Open data. Questo garantirà una maggiore trasparenza di accesso ai dati misurati sulle competenze a chiunque voglia rielaborare ed analizzare le misurazioni disponibili. “Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare”, scriveva Seneca, e forse aggiungerebbe oggi … senza una bussola e degli strumenti per comprendere dove ci troviamo in questa navigazione. Questo annuncio è un piccolo ma significativo passo per promuovere una cultura più scientifica che renda più trasparente la misurazione e la valutazione nel tempo dell’efficacia degli interventi sulla scuola. Abbiamo assistito negli anni ad una discussione spesso accesa sul tema delle misurazioni (Indire/prove Invalsi): non vorrei in questo spazio ridotto entrare nel merito di questa discussione, ma è indubbio che senza capacità di misurare, non si può governare con efficacia nessuna trasformazione (e questo non vale solo per la scuola).
Alcune conclusioni
Si avverte da più parti un grande bisogno di ritorno alla progettualità e ad una visione di medio-lungo periodo sulla scuola. Gli effetti di questo periodo sugli apprendimenti e in prospettiva su quanto rappresenta il capitale umano per il nostro paese, non vanno assolutamente sottovalutati e richiederanno uno sforzo coordinato e continuato nel tempo. Quindi ben vengano una visione ma anche la capacità di avere riscontri e misurazioni dell’efficacia di quanto si mette in campo.
Docente di Matematica e Fisica
Liceo Scientifico